Nicola Calabria Editore, 2001 – pagg. 68
Prefazione di Silvio Ravera- Postfazioni di Renata Rusca Zargar e di Sergio Giuliani.
Sulla quarta di copertina del libro “Amor Sacro”, così scrive Gianfranco Ravasi: “Amor Sacro”: “Una testimonianza orante, poetica e suggestiva.”
E da uno stralcio della critica di Giovanni Giraldi, riportata all’interno del libro: “… i Francesi dicevano che i lupi sanno il sapore del vento: “savent le vent”; in queste liriche si sente il sapore di ogni atmosfera religiosa. La Fede vera non è arrogante: “quest’anima oppressa /da dubbiose certezze”. Il grande teologo Karl Barth (Lettera ai Romani), ha espresso questo stesso concetto: quando ti pare di essere assolutamente certo della tua fede, ti assale il dubbio”.
Dalla postfazione di Sergio Giuliani al libro “Amor Sacro”: “Certo, la cultura italica dell’autrice le fa privilegiare il Dio dei Cristiani, ma con intatta misura e rispetto per le altre letture della rivelazione religiosa. … Ed anche per questo è utile fare poesia, comunicare la continua, curiosa ed incantata lettura della summa di tutte le saggezze e dei millenni appena trascorsi. Dalla emozione religiosa e dalla Bibbia occorre muovere anche, paradossalmente, per affermare una laica coscienza, commossa, turbata e rispettosa”.
E così scrive Giorgio Bàrberi Squarotti sulla quarta di copertina del libro “Amor Sacro”: In “Amor Sacro”, una raccolta di poesie di religiosità e d’amore, il discorso poetico è colmo di commozione e di verità, con una musica quieta e limpida”.
E ancora Renzo Nanni sulla quarta di copertina del libro stesso: “Nella raccolta “Amor Sacro” molte composizioni vanno ben al di là della formula di programmate preghiere ed entrano nel campo della vera poesia…”
Gerusalemme, Gerusalemme accoglimi,
perché sempre si plachi la sete della vita
alla sacra sorgente del tuo Tempio,
e piena si offra la tua essenza
presso il muro levitico del pianto,
su, fino alle falde del Sinai.
Mostrami la tua terra rastremata,
stesa come un tappeto di cortecce
sotto i passi che tutta la percorsero,
mostrami una nuova corona che germogli
fiori dalle sue spine insanguinate,
mostrami le aspre pendici del Gòlgota
coperte di palmeti e sicomòri.
Gerusalemme, Gerusalemme accoglimi
perché si colmi il calice con la linfa della vita,
non là dove Sofonia annuncia assedi per distruggere,
non là dove langue il deserto di Giuda,
ma nel tuo vivo cuore granitico
dove scorre fedele la linfa di Zadok,
là nella Città Santa che a dismisura si estende
oltre il Sion fino alla Valle del Cedron,
fino alle Acque di Meriba-Kades,
fino al cielo di Zebhul
dove la nostalgia dell’anima coltiva
la sua dimora celeste.
E SE IN QUESTA PREGHIERA
E se in questa preghiera noi pensassimo
a un’amicizia vera tra fratelli,
ad un grande mantello
tessuto assieme da mani allacciate,
noi potremmo mutare
l’assenzio delle lacrime versate
in fiumi di speranza.
E se ancora vedessimo l’ulivo
crescere senza tarlo nell’azzurro
e cogliessimo nel fruscio delle fronde
d’argento semprevivo
il dolce suono della parola pace,
non chiameremmo spine
gli aculei della rosa,
né spade le foglie dell’iris.
Ogni giorno,
senza la nube dell’odio,
anche la pioggia sarebbe di sole,
ogni popolo
senza lo spettro della guerra,
anche diverso sarebbe uno solo.