Ibiskos Editrice, 1997- 1° edizione;
Liguria Editrice, 2002 - 2° edizione (ampliata rispetto alla precedente), pagg. 109.
Cristiano Mazzanti scrive nella prefazione al libro: ”L’autrice ha la capacità di concretizzare la dimensione mitologica della propria terra in una geografia reale, magnete di emozioni e di gioie, di ricordi e di dolori racchiusi nella mappa della Valbormida. Le coordinate di questa esplorazione poetica: il fiume e i pioppi. Ascissa e ordinata in movimento: la corrente e il vento.
E ancora: “Le pecorelle del pittore Carlo Leone Gallo, vengono allontanate dall’arpa silenziosa, ma gravida di morte. Allo stesso tempo il flauto di Pan accompagna con dolcezza, ma inesorabilmente, la voce del poeta Aldo Capasso verso il paese del silenzio… E sono proprio quest’arpa e questo flauto ad aggiungere nuove e altre note al pentagramma dell’autrice per rendere un giusto omaggio ai due “Bardi”.
Scrive Roberto Carifi in una nota critica sulla rivista “Poesia” : “Di Valbormida il cuore” è una raccolta di versi percorsa dalla nostalgia e dalla memoria… I temi del patrio, dell’origine, dei luoghi dove tornare, ricorrono all’interno del testo con romantica tensione e con stile scorrevole.”
E Sergio Giuliani: ”Che cosa meglio di una poesia- fiaba, di un parlare accorto e affettuoso, di un “confidente immaginare” che riporti tra noi le care ombre, scomparse e pur vive?” (idem)
Giorgio Bàrberi Squarotti commenta: “… il discorso è limpido e suasivo nell’inconfondibile ritmo del sognante racconto.” (idem)
E ancora Luciano Nanni sul n. 39 della Rivista Letteraria “Punto di vista”, gennaio-marzo 2004, scrive a riguardo del libro “Di Valbormida il cuore”: “L’anafora che l’autrice usa spesso rafforza i concetti, e conferma ai testi una solida costruzione formale. Là dove il verso diviene incisivo sono rimarchevoli la precisione stilistica e la chiarezza di scrittura. Nel canto più dispiegato troviamo l’eco delle fascinose immagini dei poeti di lingua spagnola, la ricomposizione del divario tra materia e spirito, il volgersi dell’io a una memoria collettiva con pienezza di espressione e di sentimento”.
Primo Premio al Concorso Nazionale di poesia “Garcia Lorca”, Torino 2006. Così scrive la Giuria nella motivazione al premio: “Filtrata dal tempo, la poesia cresce su se stessa immergendo il lettore in una dimensione favolistica, cifra del paesaggio interiore che ha guidato costantemente il percorso della memoria ancestrale della poetessa. La poesia nasce e rinasce assieme alla natura della Val Bormida: luce, speranza e testimonianza per il futuro del nostro pianeta”. (La Giuria: Silvana Copperi, Angela Donna, Luigi Tribaudino).
Posso amarti in silenzio
come un’ombra di siepe che avvampa
nella sera autunnale,
posso cingere in un unico abbraccio
i fiori i muri e gli alberi riflessi
nello specchio brunito del fiume,
posso imprimere sui colli e le pianure
un fantomatico bacio d’infinito.
Posso chinarmi sul tuo grembo dorato
di grano nelle vaste quadrature,
poggiarmi alle tue spalle di quercia,
bere il nettare che gronda dalla vite,
sdraiarmi sull’erba del maggese
sotto lo sguardo di stelle future.
Posso ascoltare la tua storia antica
di lunghi inverni imbiancati di neve,
io come un’esule foglia sradicata,
io che ora qui sulle rive del mare
sto con la mente a una terra fluviale
più fredda più umida più austera,
io che solo amarti con amore filiale.
SETTE ROSE
C’è una tovaglia di lino sulla tavola,
e vino rosso nella bottiglia.
Sette bicchieri sono sulla tavola
e una coppia più fine
sempre pronta per l’ospite.
Ci sono sette rose sulla tavola,
in un vaso di opale azzurrino,
e accanto c’è un lume a sette luci.
Dalla finestra sale l’odore del fiume,
acre odore di gorghi e di pietre melmose,
di foglie fradice, di erbe odorose.
Sette arieti attraversano il fiume,
e mi vengono incontro festosi
saltellando tra i sassi del greto
nel lento salmodiare delle acque.
Le corolle di sette lillà
si aprono sui rami come stelle
mentre risalgo rapida il sentiero
col cuore gonfio di felicità.
Ma è chiuso il cancello.
E dai muri deserti,
là dove accadde il mondo,
giunge soltanto
oltre un brusio confuso
come d’api nell’arnia,
l’eco di sette voci nel silenzio.